di Sebastiano A. Patanè-Ferro

sabato 30 luglio 2011

Tre poesie di Daìta Martinez



C’è uno spazio che scappa via e un tempo che non si muove in questi versi di Daìta Martinez, soggetti che vogliono, e ci riescono, fare la differenza tra linguaggio e parlare. In poesia, non è sufficiente dire, bisogna che il “detto” sia davvero pensato ed elaborato attraverso diversi filtri quali il suono, che deve armonizzare e giustificare persino gli inciampi; la costruzione lessicale poetica, dove la significanza assume più importanza del significato e la parola deve possedere quel magnetismo che imprigiona la mente nella ricerca del profondo;   l’impatto visivo delle immagini metaforiche ermetico-surreali o simbolistiche o anche figurative che devono, però,  penetrare la corteccia del formale e del quotidiano creando, comunque, un equilibrio trasmissivo tra autore e lettore. Altri fattori come la tematica, lo schema, la versificazione, non sono certamente secondari ma, credo, assolutamente subordinati ai precedenti. Tutto questo Daìta ce l’ha e lo mette a disposizione del lettore e personalmente trovo nella poesia della Martinez, gli ingredienti che trasformano un luogo comune in un soggetto unico, in un continuo imprevedibile che rende il testo una sequenza di sorprese.

…e gli orologi
vuotano la collina che succede .


 L’orologio, il vuotare, la collina, potrebbero essere lemmi con procedere prevedibile, ma la successione (o l’accadimento), fanno somigliare il verso ad un giro armonico tipico del fado portoghese, dove  si gioca con le dissonanze all’interno di graziate melodie ma nell’imprevedibilità della melodia stessa.

Daìta Martinez, siciliana di Palermo, credo che quel fado ce l’abbia nel dna, e lo canta in maniera eccellente utilizzando quelle tonalità  in minore delle nenie del canto profondo siciliano colmo di fatalismo e, a volte, persino di ostentato nichilismo. Iniettare tutta questa musicalità nelle parole e trasformarle in versi, non è semplice se non si hanno le caratteristiche adatte, altrimenti leggeremmo poesia tecnica, anche buona, ma priva di quel duende  che assale quando si legge l’anima vera.




(già pubblicato su WSF col titolo "Daìta Martinez - tre inediti")



*

. il cotone degli accenti
annoda mirtilli alla gerla
dei contenuti e gli orologi
vuotano la collina che succede .


*

poi -
sferico di un addio
il mandorlo
nascente ombelico
donna -


*

. una macchia così il garofano
i m i t a
si
i m i t a
linguaggio l'avamposto dallo
straccio una bambola pettina
fili a smontare dal grembiule
il giorno bucato alla serranda
fatta scendere di spilli educati
storti cancellando la struttura
nei ricordi schiacciati a colpire
nel
c a s s e t t o
p o i
un rigo d'aria nasconde l'aiuola .


*



Daìta Martinez è nata e  risiede a Palermo.
Segnalata e premiata in diversi concorsi ha pubblicato in antologica con LietoColle, Mondadori, Akkuaria.
E’ autrice dei testi in video tour Kalavria 2009.
(dietro l’una) è la sua opera prima, introdotta da Elio Grasso ed edita da LietoColle Ed.  nel 2011.


3 commenti:

federica sabbatini ha detto...

"che deve armonizzare e giustificare persino gli inciampi"

Questo è vero Sebastiano. Chi fa poesia ha il suono dentro, non è solo ricerca, ma spontaneità di armonizzare le parole a tradurre ciò che spesso non si ha il coraggio di dire. L'arte è parlare in maniera differente, primitiva nella sua evoluzione, è un ritorno alle origini dell'anima. Ci si spoglia scrivendo poesia e piano piano non si ha più paura di mostrarsi nudi e solo così nascono quei versi che sanno arrestare per un attimo il corso degli istanti.

Molto belle le poesie Daita, complimenti.

Sebastiano A. ha detto...

Proprio così Federica, Daìta non fà poesia, lei stessa lo è e si trasforma continuamente lungo il suo volo, per afferrare i sentimenti e farli parola.

Grazie mia cara.

Distanze a Nord ha detto...

Come passare indifferenti di fronte alle tue stupende metafore? " il giorno bucato alla serranda
fatta scendere di spilli educati " " il cotone degli accenti ". Impegnativi, chiocce di perchè, i tuoi versi ma di un fascino irresistibile. Anche il suono dei versi è poesia no? Aita Carla :-)