di Sebastiano A. Patanè-Ferro

sabato 30 luglio 2011

Sylvia Pallaracci

Mi salvò l'ala sonora (LietoColle Ed.)



“Mi scopro sempre
qui, nell’alveo che converge…”


già nell’esordire troviamo una corporalità che si separa, che si scinde e si muove in territori poetici differenti mantenendo comunque ritmi e suoni. L’esuberanza passionale, non più impregnata di sentimentalismi, ha la meglio ma è forte la presenza costante di quell’anima innamorata che trasmette i vuoti e i pieni delle chimiche che precedono il contatto.
Sylvia Pallaracci separa così l’amalgama lasciando acqua e sale nello stesso bicchiere affinché si possa percepire la tenue e trasparente atmosfera che avvolge la forte sessualità e l’intera spinta della carne.
“Mi salvò l’ala sonora” si legge sulla pelle, racconta del senso che cresce lungo i perimetri dei corpi che si appartengono senza aversi mai del tutto e si chiude dietro un ovattato, breve silenzio, nella sazietà senza pienezza.
Il “diritto naturale” di cui parla Augusto Pivanti nella eccellente nota introduttiva all’opera, allontana un attimo il concetto del darsi reciprocamente senza condizioni mettendo in primo piano l’ego che richiede e su questa traccia la Pallaracci segue e ci narra il suo “prendo senza condizioni” sperando sempre nella coincidenza che qualche volta cade:

E negli attimi estremi
un fremito
di completa solitudine
ciascuno perduto
nel proprio abisso
rovente


eccola, infatti, infuocata e sola con un abisso che la separa dal suo… infuocatore!
Ma mi domando, perché abisso? perché Sylvia Pallaracci racconta di un precipitare e non di una elevazione? Perché non una vetta, per esempio!
Sensi di colpa per un egoismo che non le appartiene, acquisito attraverso esperienze non proprio fortunate oppure tentativi di una sorta di rigenerazione un po’ nietzscheana che la vedrebbe precipitare nell’abisso del caos per riemergere stella che danza?
Sono tanti gli spunti che portano verso Nietzsche e in “ Chiedo alla polvere” trovo conferma:

tra fango e polvere
di cedimento
ogni giorno mi ritrovo
a strofinare
me stessa da quell’odore
di pozzanghera
riarsa da un limpido bruciare
d’azzurro


ed eccola, rigenerata, pronta per altra poesia, eccola stella danzante, rosa e sangue, terra fertile e ala…sonora. Ogni teorema decade e comincia un nuovo travaglio dove il dolore, il sogno, le emozioni le delusioni si fondono per poi divenire parola, “diritto naturale” e nuovo caos e nuova rosa.
L’accostamento alla Plath e alla Sexton ed il riferimento a Rilke sulla perenne insoddisfazione del poeta, operato da Piero Lo Jacono nella sua bellissima ed intelligente nota, mi trova pienamente concorde anche se continuo a pensare alla rigenerazione nietzscheana e a volontari disequilibri locali che poi bilanciano nel generale.
Nessuna contaminazione per Sylvia, solo impulso poetico naturale, emissione verbale centrata sull’essere sé (non mi convince l’esseruno), sul ricevere donando, sul prendere dal ”noi” senza condizioni e freni.

Sylvia Pallaracci è autentica, suddita della sua sovrana poesia, è poeta!




Divenire

I detriti
che ci tengono incastrati
restituiranno turbini di lava;
un senso di rivolta
colerà le catene
sui nostri polsi tesi

torneranno quei tempi in cui
desiderammo il fiume
del divenire l'uno
per l'altra
e per un attimo
chiudemmo gli occhi

Carne intorno e sopra
e punta a punta
le ossa a fuoriuscire
dentro

Esiste
un solo dove
oltre il deserto di splendore
che ha incenerito i semi
un angolo scarno, un vuoto d'aria
incuneato tra la luce
sdentata del sole
un fiato vagante
di quiete,
da infilarci(si) dentro



‎E' solo questione di...

Lasciami dimenare
dalle tue tregue
che mi riprendono
...senza voce
e fammi scivolare a ritroso
dove il tuo fiume s’infiora

Curvami all’indietro
e risalimi
come un destino gelido
che rovina dentro il fuoco

Non è la mia voglia
che ora ti impone
ma l’inclemenza della tua gravità
sulla membrana che ci separa

È solo questione di …

Fiera, allo schiocco di frusta
mi volto
in uno scatto che prescinde
permessi e aduna pretese
nel tuo nome

urgenza selvatica di bruna ninfea
cuoriforme mi sfoglio
sulle contrazioni del tempo
all’infinito

e mi sei carne


Fuggevole

Come l’ago
che imbastiva la trama
e mai bastava a (s)velarci
le parole

mi faccio piccola

perché tu abbia ora paura
a smarrirmi

perché quando entravi tutto
nel mio ventre
ti era difficile immaginarmi
altrove


Syilvia Pallaracci è presente su "Le vie poetiche" e nella sezione "I quaderni delle Vie" con Myrtus

2 commenti:

Sebastiano A. ha detto...

Apriamo con te Pallaracci, che ci porti fortuna!
bacio!

Sylvia Pallaracci ha detto...

mi accorgo solo ora di questo luogo..
sono onorata di essere io a 'tagliare il nastro rosso' di questa casa e aprire così la porta a stanze senza tempo.......

[ritrovo qui tutti i miei adorati...è bellissimo]
Sylvia*