di Sebastiano A. Patanè-Ferro

giovedì 23 maggio 2013

Carlo Tranchida


Ezra



Il volo sorretto dall’immaginazione adolescenziale, il desiderio di afferrare il sogno e allargarlo a dismisura per le proprie urgenze sono i primi impatti che si hanno entrando nel mondo e nella mente di un’adolescente che, certamente, ha fretta di crescere pur conoscendo bene i limiti che non le permettono di andare oltre. I personaggi trasformati dall’immaginazione della ragazza, infatti, rimangono realtà locali deformate dalle sue necessità che non si spingono verso mondi irraggiungibili bensì, rimangono all’interno dello scompartimento di un treno e, al massimo, lungo la strada per casa. Da qui, dal perimetro entro cui si muove questo volo, si arriva alla decodifica del messaggio espresso dall’autore sull’importanza di, comunque, rimanere attaccati alla realtà circostante. Ecco perché in Ezra non ci sono principi azzurri, fate più o meno colorate e cavalli alati. Il sogno non presuppone limiti, è vero, ma sognare qualcosa di tangibile e, sotto tanti aspetti, realizzabile, questo, determina intelligenza, l’invito a una certa stabilità, la presupposizione palpabile e afferrabile.
Lo svolgimento impeccabile della manifestazione onirica affronta così il compromesso tra il circondante e il contenitore che riesce a trattenere, senza tracimazioni, tutto l’immaginato, che va dall’esclusione di forme violente o, quantomeno, possessive, all’accettazione del personaggio come definizione dell’idea, per quanto futuristica, assolutamente aderente alle proprie necessità.
Geniale l’intuizione del regista Carlo Tranchida, del sogno trattenuto da una corda che vorrebbe dimostrare, al mio sentire, il legame con la realtà e, in modo particolare, la possibilità di realizzazione, perché già afferrato. Ritengo che il comprensibile, per quanto immaginifico, sia realizzabile premesso che i supporti restino materia accettabile. Altrettante geniale e assolutamente coincidente, la colonna sonora del film composta e curata da Giuseppe Furnari che riesce a sorreggere tutta la costruzione sia registica che messaggistica dell’opera. L’avvertimento a non eccedere con la fantasia è ben rappresentato dalle melodie ora delicate, ora irruenti del musicista che utilizza la musica come linguaggio assoluto ed universale.
Credo che un forte applauso vada alla professionalità di Salvo Terranova, curatore dell’immagine e del montaggio, attraverso il quale si può accedere al profondo del messaggio e alla potenza della poesia contenuta espressa, con grande passione dagli attori tutti, a partire dalla giovane Laura Ferro, da Ferdinando Corvi, da Francesco Ferro e da Antonella Caruso che hanno dato vita ad una idea superata solo dall’eccellente risultato finale.
Ezra è definibile un “ corto d’autore” ed è con grande consapevolezza che tutti i partecipanti e collaboratori esterni hanno lavorato affinché il senso dell’opera avesse il giusto riconoscimento.






 








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