di Sebastiano A. Patanè-Ferro

martedì 2 giugno 2015

Lucianna Argentino


Tra i versi delle tue poesie, scorgo continuamente un voler viaggiare verso un passato, recente o no, che sembra trasformi continuamente il tuo pensiero rendendolo elastico e, perciò, aperto in ogni direzione.

Nei viaggi a ritroso nel tuo tempo espresso poeticamente, che rilevanza ha la tua infanzia o il cercare di definire un passato sospeso tra sensi e fisicità?


Sicuramente la mia infanzia ha una valenza, un' eco sottile e profonda risuona in ogni mia poesia, se non altro come epoca intatta, come spinta e anelito verso stupori e nuove scoperte, un terreno fertile, ricco d humus che ancora feconda me e la mia scrittura. Un serbatoio immenso da cui attingere senso e forza. Ho avuto un'infanzia serena, con una mamma (casalinga) e un papà che mi hanno amata, due fratelli maschi con cui condividere i giochi, per cui passavo dalle bambole alle pistole, alle macchinine; di giochi in strada con gli amici, quando i genitori non erano così incombenti sulla vita dei propri figli. Pomeriggi passati a pattinare con le amiche e le domeniche dell'austerity trascorse in bicicletta. E dentro conservo la luce preziosa di quegli anni in cui la vita a poco a poco si svelava senza perdere il suo fascino, la sua magia, ma arricchendosi di sempre nuovi stupori. La poesia mi ha aiutata proprio in questo reciproco arricchimento, in questa reciproca conoscenza.


Sembrerebbe che tu voglia modificare il ricordo fluttuante rendendolo più stabile attraverso la poesia, supponendo elementi autobiografici, fino a che punto la tua vita di donna si è intrecciata con quella della poetessa? E con che equilibrio?


Modificare i ricordi. Credo che i ricordi già vivano in noi modificati, che la labilità della memoria e tanti altri fattori che sarebbe affascinante analizzare, ne modifichino la struttura. Forse la poesia è un modo di riviverli, di riscriverli cercando di salvarne l'essenza, quel che di essi è rimasto in noi come un cellula di DNA e ci ha modificati più o meno consapevolmente.
Donna e poetessa in me sono nate insieme. La prima poesia come ho già detto più volte l'ho scritta a quindici anni, dunque proprio nell'età in cui vivevo il distacco dall'infanzia e l'entrata nel mondo, se non proprio ancora degli adulti comunque nuovo e diverso, per certi versi inquietante anche per via di tutta una serie di cambiamenti fisici e psichici. Cambiamenti che non erano solo miei ma anche degli adulti che mi circondavano, che mi trattavano e mi si rivolgevano in modo diverso da come ero stata trattata e da come mi si erano rivolti fino ad allora. Aver sentito in quel momento, io che peraltro avevo già un rapporto con la scrittura rappresentato da un diario che tenevo quotidianamente, che l'espressione poetica (pur ancora assai acerba) era una via, non di fuga, assolutamente no, ma semmai un modo migliore di entrare in me di esplorare quel mondo sconosciuto che ero diventata a me stessa, è significativo di come la poesia sia quella possibilità data all'animo umano di aprirsi e di darsi apertura e ciò può avvenire non solo scrivendo poesia in proprio ma anche leggendo poesia.
La poesia mi ha aiutata a guardare meglio dentro me stessa e nello stesso tempo mi offriva uno sguardo nuovo sul mondo.

Trovare un equilibrio è difficile per tutti, per un poeta penso lo sia in misura maggiore e se poi è donna... Interiormente in me donna e poeta formano un tutt'uno, senza soluzione di continuità. Nella vita di tutti i giorni qualche difficoltà l'ho incontrata perché la quotidianità incombe con le sue richieste che spesso non rispondono alle esigenze della poesia che sono poi le esigenze dello spirito.
Gli elementi autobiografici ci sono senza dubbio, tutto ciò che un poeta vive è autobiografia perché nulla gli è estraneo. La biografia di un poeta è immensa, comprende tutto il mondo, tutto ciò che nel mondo accade. Poesia è bio-grafia.
E quando si parte da elementi strettamente autobiografici l'intento, la meta è sempre oltre per un poeta.


Se dico Cesare Pavese qual è il tuo primo pensiero?


Cesare Pavese è tra i miei autori preferiti perché ha indagato il dolore, la morte, il destino e le leggi imperscrutabili che li governano, perché ci ha offerto profonde riflessioni sulla vita e sull'arte. Un autore che sento vicino alle mie corde con il suo senso di impotenza e di infelicità di fronte al tramonto dei valori.




Leggiamo, in queste poche righe, di una donna-poeta che riesce a trasmettere ogni vibrazione emanata. Le vicissitudini del quotidiano interagiscono tuttavia senza riuscire ad allontanarla da quel compromesso corpo-anima che fa di una persona comune un gran poeta, e Lucianna Argentino lo è!
Alla poetessa del "Diario inverso" tutta la nostra ammirazione ed il nostro applauso.
Grazie Lucianna.

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