di Sebastiano A. Patanè-Ferro

giovedì 8 marzo 2018

Silvia Canonico - frammenti




Non ci sono ritardi nella poesia di Silvia Canonico, tutto è immediato, presente, ma senza urgenza di dire. Dove il ricordo diventa sereno racconto e mai impulso: Ho subito una ferita e sto lasciando che si rimargini nel tempo che ci vuole.
Ecco come leggo quest’autrice in questa sua ultima raccolta, con serena coscienza dietro ogni parola; con il risentimento misurato del ricordo non proprio felice ma soprattutto con la consapevolezza di una ricerca. Forse a Silvia Canonico, per quanto giovane, l’esperienza è bastata a farle porre delle domande a se stessa sui perché di tutto, sui tempi veloci che la/ci circondano, di come la sensazione  di “brevità”  abbia preso il sopravvento (come è giusto che sia) spingendola a scendere in profondità per capire i punti di partenza e modificare la propria esistenza per quello che si vuole essere e non per quello che appare.


Batte la pioggia
sui vetri sporchi di vernice
la guardo
ed ascolto quello che dice
il suo sussulto mi commuove
anche lei come me
è incessante
ma non lascia trapelare niente
nella sua fretta di scendere
come la mia di comprendere
quale sia il mio ruolo in questa vita
che come questa pioggia oggi
sembra infinita


Quell’anima (i vetri) vorrebbe capire quello che sa già e pulirsi, non tanto degli errori commessi, quanto delle cicatrici (la vernice) che glieli ricordano continuamente, ed ecco che si ricorre a quel sé ancora vergine (la pioggia), a quel sé bambino ancora non macchiato dalle “esigenze”, spesso non reali, che il quotidiano ci mette in evidenza.  Non c’è risposta palese, c’è invece, nello scrosciare, l’invito a “lavarsi” di tutto ciò che, si presuppone, sporchi un cammino che fu immaginato assolutamente diverso.
Lascia un’apertura il “sembra” dell’ultimo verso e trovo sintomatico l’utilizzo di questo verbo che nulla ha di definitivo, anzi si pone all’opposto, determinando la precarietà del “sembrare” visto che molto spesso ciò che sembra non è.
Entrare negli oggetti poetici, parlare con essi di ogni tipo di fenomeno metamorfico percepito interiormente, per Silvia, diventa fondamentale dopo aver intuito che la risposta ricevuta dalla poesia istintiva, in fondo, è quella più vicina alla verità.


[…]
brindo alla buona e alla cattiva sorte
perché oggi non è il destino
ma il mio istinto
a mescolare le carte
sarebbe tutto perfetto
se la notte durasse tutto
il mio tempo rimasto
invece c'è questa luna puttana
che in un altro domani
mi vorrà a casa 
(da Il tempo rimasto)


Anche in questo frammento abbiamo riscontri con la personalità vera della Canonico, lo vediamo nel brindisi, nel non coinvolgere il destino in un percorso che è solo suo e dove il  solo seguito è l’istinto che non sempre, purtroppo, ci guida nel modo che noi, alla fine, avremmo voluto.
E poi la notte, questa notte che riporta al sé bambino e che si vorrebbe durasse tutto il tempo;  ma là fuori, c’è una realtà, e un’anonima alba qualsiasi, rimetterà tutto sul piatto e si ricomincerà a giocare.



La vergogna non sogna


Occhi puntati
come coltelli
sconosciuti, attenti
insieme a sguardi
amorevoli e fraterni
la rivincita degli stolti
mentre giro intorno
e rincorro
le mie parole umili
mi accorgo quanto le paure
siano inutili
prendo fiato
dilato i polmoni
tiro fuori i denti
cariati d'intenti
fisso un punto indefinito
e libero fiato
intanto una poesia
mi cola giù dal naso
oggi
alla pubblica gogna
solo gente che non sogna
l'unica che ha un buon motivo
per morire
provando vergogna


Ecco!


Versi di un autunno precario" di Silvia Canonico

1 commento:

giuseppe ha detto...

ha raggiunto una maturità poetica che le permette di affrontare i percorsi rivolgendosi col dovuto distacco a se stessa per conoscersi per appropriarsi finlmente di quel che gli è dovuto, ha sempre un'anima critica e scura ma finalmente è pronta al balzo trascendente