di Sebastiano A. Patanè-Ferro

lunedì 7 maggio 2012

Una poesia di Silvia Rosa




Silvia Rosa è la poesia che ci ruota attorno quotidianamente. Ci lascia entrare nei particolari della vita questa poetessa dall’occhio indagatore e dall’animo che raccoglie ogni minimo dettaglio, senza che la vita stessa lo inondi di avvenimenti, gestendo sapientemente sensazione dopo sensazione, trasformandola in parola vera e vissuta. E’  importante ciò che ci racconta Silvia Rosa, ma di più lo è il come. Ci porge una storia che pur non perdendo un personale che, comunque, non disturba, diventa, attraverso un suo linguaggio immediato e  altamente poetico, la poesia di tutti, la storia di ognuno. Gioca col tempo in questo testo carico di relatività, immagina il prossimo futuro descrivendolo come già passato, conosciuto nei suoi particolari; di presenze tuttavia ancora assenze in questo “parlare” con un nessuno già chiaro nella sua mente consapevole che questo nessuno/qualcuno forse non esiste se non nella rappresentazione della componente maschile di se stessa. 

Una scrittura densa e penetrante quella della Rosa che non si ferma più neanche al dettaglio ma va giù fino al recondito.


Una cosa che non so dire

Ascolta, ecco, anch’io ti parlo degli oggetti
ti racconto che in questa stanza c’era un letto
dove ora c’è una parete bianca spoglia
dove domani -o un altro giorno- appenderò la foto
incorniciata argento che scatteremo insieme
quando verrai, quando il legno secco della mia porta
scolorirà piano piano al tocco della tua mano lento
nel bussare

Vedi, ecco, anch’io ci provo a dire della scala
che non ho mai saltato i suoi gradini in cima
e della sedia morbida di rosso che gira fissa
al bordo teso della mia scrivania e poi, sì,
della finestra che ti vorrei incontrare di lontano
riflesso, una sagoma appena, ma non tu
-nel viale a passi svelti- ma il volto nudo dell’assenza
che si confonde nell’attesa al tuo

(e non sei tu che voglio in quella foto
e non sei tu che siedi la mia sedia e scrivo
e non sei tu che sali l’ultimo gradino
fino alla porta chiusa e al letto, il letto
un altro uomo se l’è portato via
e resta -una parola- il sonno denso dell’infanzia
che schiaccia all’improvviso gli occhi al buio)

Guarda, ecco, anch’io (non) dormo come una cosa che non
so dire
come un oggetto dimenticato rotto -in pezzi, quanti –
e tu aiutami a contarli, sottovoce, ad uno ad uno...

2 commenti:

Sebastiano A. ha detto...

Buon compleanno Silvia!

Silvia Rosa ha detto...

Ma che bella sorpresa, Sebastiano! Ti ringrazio di cuore per questo regalo di compleanno assolutamente inaspettato e graditissimo! Un abbraccio :-))

[Il testo che qui hai scelto è pubblicato nell'antologia Fragmenta/Premio Ulteriora Mirari- Mosaici, Edizioni Smasher, 2011]