di Sebastiano A. Patanè-Ferro

giovedì 8 marzo 2018

Oniria e Lycalione di Gisella Torrisi e Nunzio Cartalemi




Quando Gisella Torrisi mi presentò l’ Oniria, per un attimo rimasi perplesso, ma giusto un attimo, il tempo di mezza lettura!
Man mano che la vicenda della “non morte” andava avanti, cominciò ad affascinarmi.
Sapevo della tendenza al “no sense” di Gisella, una tendenza che spesso l’ha portata alla composizione di monologhi poetici, molto al di fuori del classico, e già spostati verso un’avanguardia che , in sé  aveva tutti i presupposti per diventare “forza poetica presente”.

Qualche giorno dopo, Nunzio Cartalemi mi propose  la lettura del Lycalione.

Oniria, è il classico personaggio “strano”, un po’ bordeline, che la famiglia e gli amici, vivono come, “al di là delle frontiere”, oltre i segnali che determinano la vita quotidiana alla quale siamo troppo abituati,  e spesso non è vista come “cosa buona”.  Lei vive in un sogno, che non realizza del tutto perché manca la volontà assoluta. Infatti, non tutti la seguono nel suo volteggiare attorno ad un concetto un po’ fuori dagli schemi. Lei vive una “non morte” che non tutti percepiscono come tale, alcuni la identificano come “depressione da sensazione di inutile vivere” vista la difficoltà del personaggio di realizzare anche il più piccolo dei sogni; altri, invece, percepiscono questo stato di cose, come una ribellione ad uno stato sociale che agglomera tutti, disintegrando l’individuo come unità e globalizzandolo,  però, in una collettività disinteressata e un po’ troppo prevedibile. Col Lycalione, Oniria,  può varcare la soglia del reale e transitare in quel territorio dove tutto è possibile: il sogno nel sogno, livello superiore di  smussatura della realtà già compromessa dai tentativi contrastati da altri personaggi attorno a lei.
Oniria rivela e risolve del tutto il suo disagio, attraverso quel sogno dentro il sogno, dove tutti sono d’accordo per cambiare lo stato delle cose, con sollecitudini, visioni e compromessi atti a modificare la realtà, in qualcosa di più accettabile per l’uomo che si ritiene “libero” dai dogmi che la società ci impone da sempre. Lycalione riprende il tema della fede in qualcosa di superiore che non è l’idea di religione organizzata, ma qualcosa dove ognuno è libero di gestire i propri principi senza coinvolgere masse in organizzazioni che tolgono umanità a favore della meccanicità.
La fusione dei due lavori diventa indispensabile per il completamento ideale e per risolvere l’esasperato desiderio di Oniria di comunicare con la sua voce intima e reale, e di Leonlupo che vive, cosi, la metamorfosi che gli permetterà di identificarsi nel genere e di realizzare e realizzarsi attraverso quel sogno. Mi fa pensare, tutto questo, alla prevaricazione del raziocinio sulle logiche istintive e, con le soluzioni trovate dai due giovani autori, alla necessità di interrogarsi sulle capacità degli animali per il rispetto della natura, considerando ed evidenziando il fatto che Lycalione è un improbabile incrocio tra un lupo, un leone e che, umanizzando entità come il Fuoco e la Cometa si evolve fino a diventare, egli stesso, un essere umano. Non sappiamo se alla fine Oniria ha risolto il suo desiderio ma, certamente, ha chiarito il perché della sua “distanza” nel rapporto con gli altri.
Anche Lycalione è riuscito nel suo intento, riproponendo la rinascita della fede come unico punto di riferimento per l’uomo, che gli permette di continuare a rimanere all’apice della piramide.






Ecco alcuni passaggi da “Oniria”:



[…]
Governante
(Tono deciso ma umile.) Oniria rimarrà in questa casa, dove dovrebbe andare? (Dolce ma con tono spaventato dall’idea di perderla. ) Il professor Cornelio si prende cura di lei, la cosa più importante e che nessuno venga a sapere (Si tocca il petto nascondendo il pianto.) di quello che accade qui… io non ho mai avuto così tanta paura e…

Ludovica
(Con tono secco.)
Signora Margherita! Un po’ di contegno la prego, non siamo venuti a perdere tempo con le sue preoccupazione! (Sorridendo beffardamente si avvicina ad Oniria, ma non troppo.)
Ma ti sei presa anche il libro?

Oniria
Sì, e ho preso anche un non pane e una non acqua! E tutto il tempo del mondo, e lo spazio e…
(Sospende il monologo introspettivo per riprenderlo dopo.)

Saverio
(Rimproverandola ma con dolcezza.)
Oniria! Allora che c’entra il libro? Prenditi questo quaderno vuoto… (Ride.) Tieni, guarda!

(Il suo tentativo è farla scrivere come un tempo.)
Tieni, scrivi! (Sussurrato fra sé.)

Oniria
No! Ho avuto troppi quaderni vuoti, anche quelli senza copertina rigida, ho amato solo tanti quaderni vuoti! (Pausa.)
(Si gira verso Ludovica.) E poi, e poi non sai che un libro è anche non un libro? Lo diventa quando io ci cado dentro, questo la non morte lo sa fare benissimo!

(Comincia a leggere il libro rigirandosi verso il pubblico.)

Nei meandri più antichi del nostro spirito inquisitivo si nasconde una prigione che condanna innumerevoli
istinti, questa repressione avviene per forgiare lo spiri
to e rendere le barriere del mortale superabili…
(Tono musicale.) Cinque giorni di non morte e sto… (Seria.) non male… cinque giorni di incontri e scontri, dal midollo alle mie mani, un tempo così fredde! Cinque giorni per me e per te mia piccola Margherita, bambina ancora non nata, ti lasciai un suicidio scritto in corsivo… muoio ancora un pò da allora…

(Facendo finta di cullare un bambino.)

sussurravo… nel posto in cui abita la notte: vivo!

(Pausa. Morde le braccia disperata.)

Vivo altrove, dispersione imprudente
di Dio, colpa sua che ha lasciato cadere la luce inframmetti in ogni noi.

(Si sposta sicura di sé verso il tavolo, tutti ascoltano con occhi spalancati tranne Cornelio ed Isabella che ora in piedi, spalla contro spalla, fissano per terra.)

Code e code di anime che aspettano! Oh mio Cornelio, oh mia Isabella! Quanto vi amai in quel tempo in cui eravate platonicamente sfera!
[…]


Ancora da “Oniria”:


[…]
(Si mette per terra e fa un gesto di spingere come un parto. Riprende il foglio.)

Rendere le barriere del mortale superabili, qui…

(Si tocca il diaframma con un tono che scandisce ogni
singola parola.)

c’è tutta la vostra luce! (Urla.) E’ tempo di non morte! (Pausa.) Lo capisci questo?

(Accarezza la testa di Saverio baciandolo in fronte.)

 A toccarmi le cosce quanti inutili uomini che progettano senz’anima, (Si gira verso il pubblico.) e loro crescono, ed io? Divengo. Sono tutti i suicidi! ma anche tutti i lieti fini, (Sussurrando.) quelli che dicono: eccome vissero!
Una stella non cade, non si spegne, al massimo…

(Mani davanti al volto poi sul collo.)

 ed io?… Oniria (Risata grassa e liberatoria.) quanti luoghi danno significati alla realtà? Tutti quelli che abito, in tutte le vite che penetro. Anche questo la non morte lo sa fare benissimo!
(Rilegge in modo veloce.)
Nei meandri più antichi del nostro spirito inquisitivo si nasconde una prigione che
condanna innumerevoli istinti, questa repressione avviene per forgiare lo spirito e rendere le barriere del mortale superabili…

Cornelio
(Continua a recitare senza pausa sulla lettura di Oniria, che nel frattempo sta uscendo senza farsi sentire.)
per forgiare lo spirito e rendere le barriere del mortale superabili, ridimensionando in noi nuova luce.


Isabella
(Tono etereo come in trance.)
Nelle cavità di qualsiasi sogno, cantano, impercettibilmente, i prigionieri della nostra morale che, al momento del raggiungimento della nuova forma volatile
si passa ad una condizione di…
(Guardando il giornale.)
Oniria guarda!

(Alza gli occhi e nota la sua assenza e sbalordita continua.)

parlano della tua non morte… Oniria?
[…]

 


Passaggi dal “Lycalione”


[…]
Emmanuel
C’è il deserto nei cuori dell’uomo su Eta Arturoi, un amaro e sterminato deserto; non vi è Eloha che vi soffi sopra, non vi sono Ninfe che vi danzino con brio, e il suo flavo anemico cielo suscita angustia, quel cielo del mondo di dentro dove ognuno è chiamato a delineare le proprie costellazioni.
Nei meandri della densa foschia dei pensieri la consapevolezza diviene oblio ed io credo di aver esaurito le parabole...

Leonlupo
Nooo! Noooo! Non dire così Mastro, c’è sempre la speranza. Eppoi, se si son esaurite le parabole ci stanno pur sempre le iperboli, le ellissi...  (risata ilare) Devo presentarti un mio amico che potrà aiutarti a risolvere il problema, si chiama Pitagora, infallibile nei suoi teoremi.

(Sorridono tutti, anche se Emmanuel, velatamente)

Sophia
Ha ragione Lycalìone, amore mio. La speranza tra tutte le armi è la più leggera ma anche la più pesante, e la si può sempre portare con sé inveduta.

Leonlupo
Che bello Sophia! Non avevo mai pensato alla speranza come un’arma. C’è chi dice in giro che sia un male, o forse un ... melo

(pensa confuso, grattandosi il mento e guardandosi intorno come a chiedere suggerimento)

perché ti fa arrendere all’attesa, ma c’è chi dice sia un bene perché è quella forza nascosta, come la paura, che può alimentare la fiamma del guerriero dormiente... Una sveglia! Ecco, una sveglia!!!

(si guarda attorno confuso e si gratta la testa)
Sveglia? Ma cosa è una sveglia?

Emmanuel
(Accennando un sorriso che poi smorza nel pensiero)
L’uomo, l’uomo da essenza del tutto ad essenza del niente. L’uomo non è più duale come la speranza. Forse lo fu, prima che venne “rivisitato” così perdendo il naturale senso evolutivo. Ora ha smarrito il suo centro di gravità fisso. S’è convinto di essere trino, “corpo anima e spirito” e in questa sua intricata persuasione vaga tra i chiaroscuri della confusione.
Nell’esser tre dimentica che tutto è la somma di uno, e qui ci vorrebbe il tuo amico Pitagora, caro Lycalìone. Guardate, guardate le loro divinità... Un padre, un figlio ed un santo spirito. Tutto al maschile, non v’è spazio per Madre Natura, la Grande Madre.... Ma non sentite l’odore di catrame giungere dai valichi oscuri del tempo... Brucia, l’aria brucia il respiro di futuri tempi remoti.
[…]


Ancora da “Lycalione”:


[…]
Emmanuel  
Ti amo immensamente Sophia, sei il mio completamento, sei il mio io femminile ed il tuo respiro è l’aria che alimenta il mio fuoco, mettiamoci giù e ascoltiamo il canto del nostro amico leonlupo, mentre l’amore ci porta via

(Si mettono giù, con Sophia che intreccia le sua gambe con quelle di Emmanuel la mano sul ventre e la testa sul petto).

Leonlupo
(Inizia a cantare una canzone accompagnandola con la chitarra, ed il fuoco lo accompagna nel ritornello)
Notte a cui rubai la Luna
complice la Dea Fortuna
nei meandri del ventre viaggiai
solo non vuol restare il Sole
cerca sempre una sconosciuta
con cui riempir le ore d’amore
il piacere che sa
di fragole e more
di sale e di mare
costa nulla amare
un attimo a dare
da tempo immemore
il desiderio del fiore
Nel rossetto rosso rosso
Il sangue si fa mare mosso
esalta il suo colore
come rosa a primavera
i capelli grano a giugno
Ed io giungo a conclusione che
il piacere che sa
di fragole e more
di sale e di mare
costa nulla amare
un attimo a dare
da tempo immemore
il desiderio del fiore


Ecco come si divertono loro, Gisella Torrisi e Nunzio Cartalemi, ed io più di loro…


Gisella Torrisi

Nunzio Cartalemi

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