Era il 1973 e vivevo a Torino.
Frequentavo un gruppo poetico capitanato da Pietro Tartamella (il poeta dell’albero)
e li, sentii parlare per la prima volta di Gianni Milano, un poeta che aprì in
Italia la “Beat Generation”, insieme ad altri suoi coetanei, tra cui anche il
Tartamella. Io mi accingevo ad entrare in quel mondo e lo facevo in punta di
piedi, leggendo quei poeti e lasciandomi contaminare dalle loro idee. La mia
primissima pubblicazione, fu su di un periodico che si occupava per lo più di musica
underground: Ciao 2001. Una poesia che parlava della deformazione psicologica vissuta
da un uomo che vuole raggiungere la chiarezza, o giù di lì. Sapere, qualche tempo
dopo che in quella stessa rivista pubblicavano
personaggi come Milano ed altri del suo ambiente, mi faceva sentire quasi uno
di loro, anche un po’ importante.
Quarant’anni dopo, mi trovo a
Milano, organizzavo assieme a Sebastiano Adernò e Donatella D’Angelo, lo “Spoken
Word Poetry” e chi mi ritrovo tra i poeti da contattare? Proprio lui, uno dei
miei idoli, Giovanni Battista Milano!
Foto di Donatella D'Angelo - Milano - 2014 -
La settimana scorsa, mi arriva un
file contenete una raccolta di Gianni Milano, dal titolo “Dopo la notte, l’alba”,
raccolta che, naturalmente ho letto tutto d’un fiato.
Man mano che leggevo, mi rendevo conto di quanta malinconia riempie quest’uomo-poeta, e di quanta, allo stesso tempo, voglia di vivere emerge dai suoi versi, attraverso immagini che ne lasciano vedere la giovinezza che lo percorre. Ne ho prese dieci a caso, anche perché scegliere sarebbe stato faticoso e difficile, e ve le propongo in questo spazio.
Man mano che leggevo, mi rendevo conto di quanta malinconia riempie quest’uomo-poeta, e di quanta, allo stesso tempo, voglia di vivere emerge dai suoi versi, attraverso immagini che ne lasciano vedere la giovinezza che lo percorre. Ne ho prese dieci a caso, anche perché scegliere sarebbe stato faticoso e difficile, e ve le propongo in questo spazio.
Ho sempre ritenuto Gianni Milano un maestro e non credo di essermi sbagliato. A lui, tutta la mia stima e ammirazione.
Nota biografica
Giovanni Battista Milano, noto
come Gianni Milano. Autore di diverse antologie poetiche e di saggi pubblicati
su riviste pedagogiche, ha lavorato per quarant'anni come insegnante con
bambini e adolescenti, conducendo, all'interno dell'istituzione scolastica,
esperienze alternative e anticonformiste. In sintonia con le istanze educative
del pedagogista francese Celestin Freinet, è tra i fondatori a Torino del MCE,
Movimento di Cooperazione Educativa. Negli anni sessanta è stato una delle voci
del movimento beat italiano.
Durante gli anni del movimento
underground pubblica Off Limits (1966), Guru (1967), Prana (1968), King Kong
(1973), Uomo Nudo (Tampax, 1975). È tra i fondatori della Pitecantropus
Editrice. Una sua intervista, all'uscita della scuola elementare in cui
insegnava, è inserita nel documentario di Lino del Fra, “Come favolosi fuochi d'artificio” (produzione
Istituto Luce, 1967), dove viene
definito "il maestro capellone".
Nel 1967 viene denunciato
"per scritti contrari alla pubblica decenza", in riferimento ai testi
di Guru (Pitecantropus, Torino 1967). Il processo durato alcuni mesi, creò un notevole
clamore sui media nazionali e si concluse con la piena assoluzione
dell'imputato. Tra i testimoni a favore di Milano: Fernanda Pivano, il critico
d'arte Giulio Carlo Argan e il giornalista Piero Novelli.
Collabora alla rivista
"Pianeta Fresco" (edita dalla East 128) diretta da Fernanda Pivano e
in occasione del n.2/3 (Milano, 1968) scrive un lungo saggio sul Buddismo,
intitolato "Om Mani Padme Hum" (dedicato ad Allen Ginsberg).
Nell'estate del 1968 si affianca
alla comunità teatrale "Lo Zoo" creata dall'artista Michelangelo
Pistoletto e partecipa ad alcune performance di strada della pièce “L'Uomo
Ammaestrato”.
Nel 1969 partecipa con alcune
poesie inedite a "Hip", foglio di controcultura allegato al periodico
Ciao 2001 a cui collaboravano anche altri noti personaggi della scena beat
italiana, tra cui Aldo Piromalli e Carlo Silvestro.
Tra il 1969 e il 1974 collabora alla rivista psichedelica Paria.
Nel 1971 scrive i testi per il
numero 3 di "Puzz", dedicato alla memoria di tutti i bambini violentati
e uccisi da preti, generali, politici e genitori, con i disegni di Max Capa.
Per tre anni, dal 1976 al 1979
conduce "Papà di Alice", un programma per bambini trasmesso da Radio Torino
Alternativa.
Nel 1998 pubblica nella collana
"millelire" dell'editrice romana Stampa Alternativa un'autobiografia
dal titolo "Il Maestro e le Margherite".
Nel 1999, prodotto da Giulio
Tedeschi per Toast Records, viene pubblicato su CD/Audio "Uomo Nudo", con testo
letto dall'autore e musiche interpretate dal gruppo neo-psichedelico No
Strange.
Insieme allo scrittore e
giornalista Luigi Bairo cura “Capitan Nuvola” (2001, Stampa Alternativa), un
manuale di pedagogia alternativa e “Mi hanno allevato gli Indiani” (2003,
Edizioni Sonda) ispirato al filosofo nativo canadese della nazione Odawa
Wilfred Pelletier.
Collabora con la band di rock
italiano Timoria in occasione di "El Topo Happening" (17 dicembre
2001 al Leoncavallo di Milano) a cui partecipa con una performance live particolarmente
visionaria.
Nel 2001 decide di mettere a
disposizione di Giulio Tedeschi il suo archivio personale (dal 1965 in avanti),
per supportare un futuro, vasto lavoro di ricerca antologica. Nel giugno del
2009 viene pubblicata dallo stesso Tedeschi, in edizione privata e limitata,
una prima raccolta di testi sparsi (1965/1968) intitolata "Un Beat con le
Ali".
(da Wikipedia)
da "Dopo la notte, l'alba" - 2017
21
Seme di parola
seme di libertà
non ti saziare mai
di chiedere
ed il dubbio sia sapore
all'apertura.
22
Poterti dire
“ti voglio bene”
è come indossare
una sciarpa di mohair –
unisce nel tepore
le trascorse stagioni
della vita -
operose formiche
rammendano
le colorate epifanie
del mio essere Terra -
un presente pacificato
quieto -
la micia sulla gamba
e tu accanto.
23
Sei tu la Terra che temevo lontana
com’un’isola nella nebbia
alla quale approdava il mio corpo
inerte e senza scopo -
Terra nella quale avrei disperso il timore
e sarei rifiorito
quasi un prato d’estate
nonostante il mio sesso canuto.
Venti e brezze
tepori e geli improvvisi mostrano il volto
e la storia
di questa finalmente mia casa
a cui chiedo d’accogliere
quel che ho raccolto camminando molto
assieme ai versi e alle utopie corrusche.
Su questa Terra la vita non inganna
nel giorno e nella notte
aprendosi e chiudendosi come un fiore mansueto
fedele al tempo e al luogo.
T’offro un sorriso
come di monello
timidamente obliquo
pur sapendo
che quel che sono
sono
fuori dal coro -
a volte acuta la mia voce
a volte grave
quasi il ritmo dell’onda verso sera.
25
T’amo in allegria
come guizzi di pesci
nel lago.
Cielo alla Magritte
à pois.
29
“A Luisa”
Il tuo sorriso anticipa la voce
e il raccontare mi rinvia a quando
sul calesse con la cavallina
il dottore in campagna
mi portava
in un luogo netto e pulito
alieno alle cascine -
l’ambulatorio
parente d’ospedale, in Asti, allora.
Sento con te il trotto e la frescura
e scorgo i gelsi con le more nere.
Agguanto la mia infanzia
la metto nel taschino
vale pochi centesimi di lira
ma senza quella questa non sarebbe -
onestamente riconosco quanto
il mio presente le sia debitore:
ma ho fatto pace.
30
Non saremo mai Ninin come
i giardini di Versailles
mai perché la terra in cui crescemmo
ci fece fili d’erba
buoni per i conigli
fili d’erba aciduli da masticare in estate
anarchici ed assenti ai grandi programmi
dei palazzi di dominio.
Noi gioiremo Ninin per il sole al mattino
ed un soffio d’aria fresca
che promettono l’esprimersi d’un fiore
e la speranza
morbida come un lenzuolo morbido sulla pelle nuda
d‘un futuro per chi dopo verrà
e sarà gaio e irriverente e pronto alla disfida
ignorando magari
d’essere prole di fili d’erba anonimi in terre dimenticate.
Ma avremo dentro forte una voce Ninin che ci dirà
“Io, per me, ho ragione”
e guarderemo allora il mondo negli occhi
senza timore
ma certi ancora e sempre Ninin che lunga è la strada
per essere presenti nel presente
per essere l’idea che cammina gemella al nostro andare
con la dignità di chi non sta a Versailles
ma in un angolo scuro di Barriera.
32
So che stai bene
e il vento
spettina le fronde dei ciliegi.
Dentro di me
il lago
quieto s’appresta al tramonto.
33
Barchette di carta
sul filo dell'acqua
mano e sorriso tuoi
sono spruzzi d'amore -
e poi la strada e il tempo.
38
Mi tolgo il berretto davanti al tuo amore
come un giovanotto d’altri tempi
che più non sono
ma nello sguardo resta
la traccia d’una antica primavera.
44
Col tempo
lo stelo seccherà
ma i petali
voleranno nell’aria
a ricordare
che ci fu un fiore
e lo stelo che lo sorresse.
1 commento:
Meraviglioso gianni milano
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